Il tempo di Newton e il tempo  di Aristotele

Per gli antichi greci il tempo si origina con il movimento. Per Aristotele il tempo è la misura del movimento tra il prima e il poi. Per Newton il tempo esiste, come lo spazio, in modo assoluto indipendentemente dallo svolgersi dei fenomeni. Questa concezione fu criticata da Leibniz, che accusò Newton di aver reintrodotto così la metafisica nella Scienza. Questa idea di spazio e tempo consentì tuttavia a Newton di elaborare i principi della Meccanica e la Teoria della Gravitazione Universale.

La definizione di Aristotele è posizionale. Un oggetto occupa una posizione nello spazio. Il movimento è la variazione di posizione. L’oggetto, prima si trova in una posizione, poi si trova in un’altra posizione. Il tempo, quindi, si origina col variare della posizione nello spazio di un oggetto. Per capire il tempo newtoniano e la sua differenza col tempo aristotelico è opportuno soffermarsi su un sistema di assi cartesiani che definiscono la posizione di un punto P nello spazio.

Per identificare la posizione di punti nello spazio fisico è solitamente utilizzato un sistema di riferimento cartesiano a tre dimensioni. La posizione del punto P rispetto al sistema di riferimento cartesiano è data dalla distanza del punto dagli assi orientati X, Y e Z (figura 1).

Figura 1) Posizione di un punto P rispetto ad un sistema di assi cartesiani orientati X, Y, e Z  

Il punto P può rimanere fermo o muoversi nello spazio cartesiano. Il tempo aristotelico si genera col movimento del punto nello spazio cartesiano. Il punto prima occupa la posizione (x, y, z) poi occupa la posizione (x’, y’, z’).
Newton fa un altro ragionamento. Il punto P può rimanere fermo nella posizione (x, y, z) oppure può portarsi nella posizione (x’, y’, z’). Ipotizziamo che il punto P rimanga fermo. Come definiamo l’invarianza di posizione? Newton la definisce così: nel tempo T il punto P occupa la posizione x, y, z; nel tempo T’ il punto P occupa la stessa posizione x, y, z. Con questo ragionamento l’origine del tempo è generalizzata, rispetto ad Aristotele. Per Newton il tempo si origina con l’interazione tra un sistema assunto come riferimento e un corpo assunto come riferito. Quando costruiamo un sistema di riferimento con un corpo che occupa una posizione rispetto a questo sistema, il tempo comincia a scorrere. L’interazione tra questi due “enti” avviene nel tempo newtoniano. Anche il tempo newtoniano è posizionale.

Per Aristotele il tempo ha origine nel movimento, cioè nella variazione di posizione di un corpo rispetto a un riferimento. Si tratta di una delle due possibilità temporali previste da Newton. 

In altre parole, il tempo posizionale newtoniano si origina con la presenza di due corpi nello spazio. Indipendentemente dallo stato di quiete o di moto di uno dei due rispetto all’altro, il tempo scorre in modo assoluto. Il tempo posizionale aristotelico, invece, necessita non solo della presenza di almeno due corpi nello spazio, ma anche del moto di uno rispetto all’altro.

Il tempo aristotelico è oggettivo, cioè prescinde dall’osservatore. Anche se nessun osservatore è presente sulla scena, l’oggetto modifica la propria posizione nel tempo (oggettivo) rispetto al sistema di riferimento. La luna continua a modificare la sua posizione rispetto alla terra, anche se nessuno percepisce questa variazione.

Il tempo newtoniano richiede la presenza di un osservatore. E’, infatti, l’osservatore che percepisce l’invarianza di posizione del corpo (rispetto al sistema di riferimento) nei due istanti T e T’ (tempi dell’osservatore). Lo stato di quiete non è oggettivo ma soggettivo. Senza la presenza di un osservatore non ha senso affermare che un corpo è fermo rispetto a un altro corpo.

Inserito il punto di vista di un osservatore, esso rimane presente nella fisica newtoniana. E’ sempre l’osservatore che percepisce la varianza di posizione nel tempo del corpo (rispetto a un sistema di riferimento). Il tempo assoluto di newton è, quindi, soggettivo.

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