L’entanglement tra fotoni

Soffermiamoci sull’entanglement riprendendo un articolo pubblicato su internet che ne fornisce una spiegazione semplice e accessibile anche ai non esperti.

“… L’entanglement quantistico è un complesso e misterioso fenomeno della meccanica quantistica, definito da Einstein come “spaventosa azione a distanza

L’entanglement, anche chiamato correlazione quantistica, è un legame fra due o più particelle che hanno proprietà correlate, chiamate stati quantici.

La meccanica classica, quella di Newton per intenderci, descrive le proprietà e il comportamento della materia a grande scala. La meccanica quantistica, invece, descrive il comportamento microscopico di singole particelle che si comportano in modo contro-intuitivo, diversamente da come ci verrebbe spontaneo pensare. L’aggettivo “quantistico” deriva dal termine latino “quantum” riferito alla quantità che identifica il più piccolo pacchetto indivisibile di una certa grandezza.

“Entanglement” (in inglese, “groviglio”, “intreccio”) è un termine coniato da Erwin Schrödinger nel 1935 e in meccanica quantistica indica un legame fra particelle. È definito da una funzione, chiamata funzione d’onda di un sistema, che descrive le proprietà delle particelle come fossero un unico oggetto, anche se le particelle si trovano ad enorme distanza. Questa correlazione permette alla prima particella di influenzare la seconda istantaneamente, e viceversa.

Ma non tutte le particelle sono “entangled”, ovvero aggrovigliate. Affinché questa correlazione abbia luogo, cioè per far sì che le due particelle abbiano stati quantici correlati, queste due particelle devono essere prodotte simultaneamente da un’interazione fisica. Un tipico esempio di stato quantico è lo spin di una particella. Esso può assumere valore positivo o negativo. Quando abbiamo a che fare con particelle “entangled”, quindi unite nel legame, la somma degli spin delle due particelle è pari a zero. Dunque se si misura lo spin di una delle due, automaticamente ed istantaneamente si conoscerà anche lo spin dell’altra.

È un po’ come prendere un paio di guanti e di chiuderli separatamente in due scatole diverse. Se aprendo la prima scatola trovate il guanto destro, saprete immediatamente che nella seconda scatola c’è quello sinistro.

Ma com’è fatta la realtà quando nessuno la guarda? Gli spin delle due particelle sono definiti già in partenza o si materializzano solo nel momento dell’osservazione?

Una prima corrente di pensiero fu capitanata da Niels Bohr, grande sostenitore della meccanica quantistica. Questa corrente riteneva che le particelle nascessero quando osservate e che solo la loro funzione onda del sistema fosse reale prima dell’osservazione.

Albert Einstein, Boris Podolsky e Nathan Rosen, invece, erano convinti che le particelle nascessero già con le loro caratteristiche (realismo locale), in quanto la relatività aveva dimostrato che nessuna informazione poteva trasmettersi istantaneamente, viaggiando più veloce della luce.

Questo fenomeno istantaneo, l’entanglement, doveva quindi essere legato a delle variabili nascoste, a noi sconosciute, le quali definiscono lo spin delle particelle prima ancora di effettuare l’osservazione.

Questi scienziati definirono la meccanica quantistica incompleta e mossero le loro critiche nel famoso paradosso EPR, acronimo derivato dalle loro iniziali.

Nel 1964 John Bell identificò un metodo basato sulle probabilità, chiamato teorema di Bell, per capire se lo stato quantico delle due particelle entangled fosse definito fin dall’inizio (seguendo l’idea di Einstein, Podolsky e Rosen) o se si manifestasse solo a conseguenza dell’osservazione (come nell’ipotesi di Bohr).

A causa di difficoltà tecnologiche si dovette aspettare fino al 1982, quando Alain Aspect misurò il comportamento di fotoni entangled e validò la teoria di Bohr. Einstein aveva quindi torto.

Fintantoché le due particelle non vengono osservate, i loro spin rimangono indefiniti, ovvero entrambe le particelle hanno al tempo stesso spin positivo e negativo, secondo il principio di sovrapposizione degli stati. È la sola presenza dell’osservatore ad interferire con il sistema e a calarlo nella “realtà”.

L’entanglement permette di conoscere istantaneamente il comportamento della seconda particella, non per via di un trasferimento di informazioni più rapido della luce, ma perché le due particelle sono di fatto un unico sistema governato da una sola funzione d’onda.

Una perturbazione esterna locale, come l’arrivo di un fotone o di un osservatore, non altera solo il comportamento della prima particella, ma influenza tutto il sistema, e di conseguenza definisce lo stato quantistico anche della seconda.

Una piccola precisazione finale. L’esempio dei guanti, utile per comprendere il fenomeno, non calza più perfettamente. Il guanto destro e quello sinistro, infatti, sono definiti fin dall’inizio, mentre lo stato quantico delle particelle non lo è. È un’interferenza esterna a definirne lo stato …”.

In questa parte introduttiva abbiamo illustrato l’entanglement ricopiando un articolo su internet. Adesso cerchiamo di interpretare l’entanglement attraverso i vettori di energia che, a nostro avviso, costituiscono le caratteristiche intrinseche delle particelle elementari.

 Per spiegare l’entanglement possiamo considerare alcuni studi nel campo delle neuroscienze. Il sistema nervoso, infatti, possiamo considerarlo come un sistema che ricostruisce la realtà esterna, attraverso l’elaborazione delle informazioni sensoriali.  Analizzando le elaborazione sensoriali del sistema nervoso, possiamo comprendere come è fatta la realtà esterna.

 Sappiamo che il sistema nervoso è ripartito in sistema nervoso centrale e sistema nervoso periferico. Sappiamo, inoltre, che dal sistema nervoso centrale si diramano segnali di OUTPUT verso il sistema nervoso periferico (via efferente) e che dal sistema nervoso periferico si diramano segnali di INPUT verso il sistema nervoso centrale (via afferente). Lungo queste due vie avviene l’elaborazione delle informazioni motorie  (via efferente) e percettive (via afferente). Lungo la via afferente vengono elaborate le informazioni codificate dai recettori sensoriali degli organi di senso e della sensibilità somatica muscolo/scheletrica.

Le informazioni afferenti sono elaborate lungo due vie distinte, che si differenziano in modo evidente nelle aree associative. Alcune informazioni proiettano alla corteccia parietale (via del “dove”) e altre informazioni proiettano alle cortecce associative (via del “che cosa”). La via del “che cosa” codifica “caratteristiche intrinseche”; la via del dove codifica “caratteristiche di relazione”. Le caratteristiche intrinseche sono solo percettive; le caratteristiche di relazione oltre ad essere percettive, servono per l’interazione tra “enti diversi”.

Le caratteristiche intrinseche sono caratteristiche percettive nelle quali è assente la funzione di relazione. Una caratteristica intrinseca è, per esempio, il colore. Possiamo percepire il colore di una foglia ma questa percezione non ci serve se vogliamo interagire con la foglia.

Le caratteristiche di relazione consentono a ciascun “ente” di interagire con un altro “ente”. Una caratteristica di relazione è, per esempio, la grandezza. Possiamo percepire la grandezza di un oggetto. Con la grandezza, inoltre possiamo interagire con un oggetto. Quando afferriamo un oggetto, stiamo interagendo con esso. Prima di afferrarlo, però, mettiamo in relazione la grandezza dell’oggetto con l’apertura della “presa”. Per afferrarlo, possiamo conformare la mano a una presa di precisione o di forza.  Una tazzina di caffè è afferrata con due dita (presa di precisione). Una palla da baseball è afferrata con una presa di forza. Con la presa di precisione afferriamo un oggetto piccolo (il manico della tazzina), con la presa di forza afferriamo un oggetto più grande (la palla da baseball).

Osserviamo le due immagini in basso (figura 1). Sono illustrate la presa di forza e la presa di precisione. La grandezza dell’oggetto da prendere determina quale presa utilizzare.

Figura 1. Presa di forza e presa di precisione. Gli oggetti relativamente grandi sono afferrati con la presa di forza; gli oggetti relativamente piccoli sono afferrati con la presa di precisione. L’apertura della mano si adatta alla grandezza dell’oggetto.  

Le caratteristiche di relazione possono essere singole o strutturate in dicotomie di contrapposizione e perpendicolarità. Le caratteristiche singole, come la grandezza, consentono a un “ente” di adattarsi a un altro “ente”. Gli uccelli, per esempio, quando costruiscono il nido, ne adattano la grandezza ai nidiacei che deve ospitare. Nell’esempio della prensione di un oggetto, è la mano che conforma la grandezza della presa alla grandezza dell’oggetto. Le caratteristiche di relazione dicotomiche consentono a due enti, non solo di adattarsi l’uno all’altro, ma di interagire congiuntamente con un altro “ente”. Per questo motivo è opportuno definirle caratteristiche d’interrelazione. Le caratteristiche d’interrelazione sono: la sinistra/destra, il sopra/sotto, l’avanti/dietro, il frontale/dorsale, ecc.  Due enti, che possiedono caratteristiche d’interrelazione, si adattano l’uno all’altro e possono utilizzare queste caratteristiche per interagire congiuntamente con altri enti. Le caratteristiche d’interrelazione possono essere differenziate in intrinseche ed estrinseche. Le caratteristiche d’interrelazioni estrinseche consentono a un “ente” di relazionare con un altro “ente esterno”. Le caratteristiche d’interrelazione intrinseche consentono a un “ente” di relazionare con “se stesso”.

Il nostro soma ha un piano sagittale che lo fraziona in emisoma destro/emisoma sinistro. Per generare la specularità sinistra destra del soma, le vie afferenti ed efferenti del sistema nervoso sono organizzate con un centro, costituito dalla colonna vertebrale, nel quale i segnali afferenti ed efferenti decussano portandosi nella parte controlaterale. Per esempio i segnali afferenti, provenienti dall’emisoma destro, si portano verso l’emisfero sinistro e i segnali efferenti provenienti dall’emisfero sinistro, si portano nell’emisoma destro (figura 2).

Figura 2. Frazionamento del soma in emi-soma sinistro ed emi-soma destro. Per generare il piano sagittale che fraziona il soma in emi-soma sinistro ed emi-soma destro, i segnali afferenti ed efferenti decussano nella colonna vertebrale portandosi nella periferia e nell’emisfero controlaterale.

Un secondo piano fraziona la superficie del soma in ventrale/dorsale. Per generare questo piano i flussi “da” e “verso” la periferia somatica sono frazionati a livello della cute. In tal modo la pelle è ripartita in emi-superficie dorsale ed emi-superficie ventrale. Questa bipartizione è presente in ogni distretto corporeo. Per esempio, il palmo della mano è superficie ventrale; la pianta del piede è superficie plantare, cioè ventrale. La parte ventrale è innervata dai motoneuroni e riceve le principali afferenze dei recettori sensoriali.

I due piani sinistra/destra (somatica) e ventrale/dorsale (superficie somatica) interagiscono l’uno con l’altro disponendosi perpendicolarmente. La perpendicolarità sinistra/destra e ventrale/dorsale è una caratteristica d’interrelazione intrinseca del corpo umano e del corpo degli animali.

Diverse dalle caratteristiche di relazione e d’interrelazione sono le proprietà d’interazione. Ciò dipende dal fatto che l’interazione è un fenomeno fisico nel quale c’è un passaggio di energia. Nella relazione e nell’interrelazione non vi è alcun passaggio di energia. Per esempio, noi abbiamo supposto che nell’onda elettromagnetica vi sia un passaggio di energia elettrica in energia magnetica e viceversa. Da ciò si evince che l’energia elettrica e l’energia magnetica abbiano proprietà d’interazione. Il nostro soma interagisce con il suolo attraverso la forza di gravità. Vi è un passaggio di energia dal nostro corpo verso il suolo. L’interazione avviene attraverso la dicotomia d’interrelazione sopra/sotto. Il suolo è sotto di noi e il nostro corpo è sopra il suolo. Poiché durante questa interrelazione c’è passaggio di energia, la dicotomia d’interrelazione sopra/sotto diventa una dicotomia d’interazione sopra (soma)/sotto (suolo).

Il piano ventrale/dorsale (superficiale) è frazionato dal piano sopra/sotto in due piani superficiali. Si tratta del piano superficiale fronte/retro e del piano  superficiale sopra/sotto. La superficie ventrale, chiamata “plantare” del distretto corporeo a contatto col suolo è superficie inferiore (la pianta dei piedi); la superficie dorsale dello stesso distretto è superficie superiore (il dorso dei piedi). La superficie ventrale dei distretti corporei, perpendicolare al piano sopra/sotto e sinistra/destra è “anteriore”. Per esempio, la faccia e il petto mentre camminiamo sono superficie anteriore. La superficie dorsale degli stessi distretti è posteriore.

Osserviamo l’immagine in basso (figura 3). Sono illustrate le numerose dicotomie d’interrelazione intrinseche al corpo umano. La dicotomia inferiore/superiore dipende dalla nostra interazione col suolo. Notiamo che la dicotomia ventrale/dorsale (della superficie del corpo) corrisponde alla dicotomia anteriore/posteriore mentre la dicotomia plantare/dorsale della superficie dei piedi corrisponde alla dicotomia inferiore/superiore.

Figura 3. Caratteristiche d’interrelazioni intrinseche al corpo umano. In questa trattazione ci soffermiamo sul piano sagittale che fraziona il soma in emi-soma sinistro ed emi-soma destro e sulla superficie corporea ventrale/dorsale che si fraziona in superficie superiore/inferiore  e superficie anteriore/posteriore. La superficie superiore/inferiore, per quanto concerne i piedi corrisponde alla superficie dorsale/plantare.  Il soma, per riassumere, ha due caratteristiche d’interrelazione sinistra/destra e ventrale dorsale. Esse sono interrelate dalla perpendicolarità. Il soma, inoltre interagisce col suolo attraverso il contatto superficiale. In questa interazione il suolo è sotto e il soma è sopra. Il contatto superficiale suolo/soma genera la dicotomia superficiale somatica: superficie inferiore/superficie superiore. La superficie del soma ventrale/dorsale è ripartita in due piani disposti perpendicolarmente: superficie anteriore/posteriore e superficie inferiore/superiore.

Le interrelazioni intrinseche sono la “perpendicolarità” e il “frazionamento” del piano ventrale/dorsale in piano inferiore/superiore e anteriore/posteriore. “Perpendicolarità” e “frazionamento” sono interrelazioni intrinseche.

L’interazione col suolo è data dal piano sopra (soma)/sotto (suolo). Noi possiamo spostarci sopra il suolo. Per muoverci usiamo un arto inferiore come perno agganciato al suolo e l’altro arto inferiore come distretto in moto che sposta il soma. I movimenti consentiti sono tre. Possiamo muoverci lungo due direzioni sinistra/destra e avanti/dietro e possiamo ruotare di moto orario o antiorario. Quando ruotiamo il soma, ruotiamo anche le due direzioni. Lungo ciascuna delle due direzioni possiamo muoverci in due versi contrapposti: → destra, ← sinistra, ↑ avanti, ↓ dietro.

Consideriamo, delle dicotomie somatiche, la coppia: emisoma sinistro/emisoma destro e superficie frontale/superficie retrostante.

Immaginiamo un ballerino in una sala da ballo che interagisce con questa sala attraverso la dicotomia d’interazione sopra/sotto. Egli può spostarsi nella sala muovendosi alla propria sinistra oppure alla propria destra mantenendo fermi il fronte/retro. I gradi di libertà del suo movimento sono due: ← sinistra, →destra. Supponiamo che nella sala ci sia un altro ballerino. Anche lui si muove, come l’altro alla propria destra e alla propria sinistra, mantenendo fermo il proprio fronte/retro. La coppia dei due ballerini ha quattro gradi di libertà. Se utilizziamo il grassetto per designare la ballerina e corsivo per designare il ballerino, i gradi di libertà della coppia sono i seguenti: ← sinistra/← sinistra, →destra/→destra, →destra/← sinistra, ← sinistra/→destra.

Supponiamo che i due ballerini utilizzino la dicotomia fronte/retro per accoppiarsi (entanglement). Supponiamo che si dispongano fronte/fronte oppure retro/retro.  L’entanglement dimezza le libertà della coppia. Per mantenere questa interrelazione, il primo può andare alla propria sinistra e l’altro alla propria destra oppure il primo può andare alla propria destra e l’altro alla propria sinistra. E’ impossibile che si spostino ambedue alla propria destra o ambedue alla propria sinistra. Nell’immagine in basso una coppia di ballerini intrecciati fronte/fronte (figura 4).

Figura 4. Due ballerini intrecciati fronte/fronte. Ipotizziamo che si muovano nei versi: ← sinistra, →destra. Se indichiamo in grassetto la ballerina , con questo intreccio, i possibili movimenti congiunti sono: ← sinistra/→destra, →destra/← sinistra.  

Supponiamo che i due ballerini si dispongano fronte/retro oppure retro/fronte. Anche in questa circostanza, l’entanglement dimezza le libertà della coppia. Possono andare ambedue alla propria destra e ambedue alla propria sinistra E’ impossibile che si spostino uno alla propria destra e l’altro alla propria sinistra. Nell’immagine in basso una coppia di ballerini intrecciati fronte (ballerino)/retro (ballerina) (figura 5).

Figura 5. Due ballerini intrecciati fronte (ballerino)/retro (ballerina). Ipotizziamo che si muovano nei versi: ← sinistra, →destra. Se indichiamo in grassetto la ballerina , con questo intreccio, i possibili movimenti congiunti sono: ← sinistra/← sinistra, →destra/→destra.    

Illustriamo con una struttura ad albero l’intreccio dei due ballerini. L’intreccio a specchio può essere fronte/fronte o retro/retro; l’intreccio complementare può essere fronte/retro oppure retro/fronte (figura 6).

Figura 6. Struttura ad albero che mostra l’intreccio tra i due ballerini Essi possono intrecciarsi a specchio o in modo complementare. Nell’intreccio a specchio possono disporsi fronte/fronte oppure retro/retro. Nell’intreccio complementare possono disporsi  fronte/retro oppure retro/fronte. In grassetto è designata la ballerina.   

Il movimento verso la propria sinistra o propria destra dei due ballerini dipende dalla loro volontà. Intrecciati a specchio possono spostarsi ambedue alla propria destra o ambedue alla propria sinistra, indipendentemente dal tipo di intreccio, cioè fronte/fronte o retro/retro. Lo stesso possiamo dire nella disposizione complementare. Essi, indipendentemente dall’intreccio fronte/retro o retro/fronte, possono comunque spostarsi uno alla propria sinistra e l’altro alla propria destra e viceversa.  Ciò accade per un motivo semplice. L’interazione con la sala da ballo non limita i loro movimenti nelle due direzioni rispetto alla sala. In altre parole, i loro movimenti congiunti nella sala (non rispetto alla propria sinistra/destra) sono liberi. Essi possono scegliere di andare verso l’est e verso l’ovest della sala (figura 7).

Figura 7. Coppia di ballerini intrecciati in modo complementare e a specchio che possono scegliere di muoversi verso EST e verso OVEST nella sala. I due ballerini intrecciati possono scegliere di muoversi congiuntamente verso est o verso ovest nella sala. Questa libertà di scelta consente a ciascuno di loro, in ogni intreccio, di potersi muovere alla propria sinistra o alla propria destra. 

Ipotizziamo che i due ballerini siano limitati da una parete, per cui possono muoversi in una sola direzione rispetto alla sala. In questa circostanza i loro movimenti sono predeterminati dall’intreccio e dall’interazione con la sala. Supponiamo che i due ballerini possano spostarsi solo verso EST. Nell’immagine in basso sono illustrati i loro movimenti predeterminati. In rosso è indicata la ballerina; in nero è designato il ballerino. Nell’interazione a specchio retro/retro, il ballerino va alla propria sinistra e la ballerina alla propria destra nell’interazione a specchio fronte/fronte, il ballerino va alla propria destra e la ballerina alla propria sinistra;  nell’interazione complementare fronte/retro, ballerino e ballerino vanno ambedue alla propria destra; nell’interazione complementare retro/fronte, ballerino e ballerina vanno ambedue alla propria sinistra (figura 8).

Figura 8. Coppia di ballerini intrecciati in modo complementare e a specchio che possono muoversi nella sala soltanto verso EST. La linea spessa scura raffigura la parete che impedisce il movimento verso OVEST. La ballerina è in rosso, il ballerino in nero. Ogni intreccio predetermina il movimento della coppia. Dopo che si sono intrecciati, i ballerini non sono più liberi di scegliere il movimento  congiunto.

Nell’immagine in basso i movimenti dei due ballerini, limitati dalla parete, sono illustrati con uno schema ad albero. I due ballerini si possono disporre a specchio o in modo complementare. Soffermiamoci sulla disposizione a specchio. Nell’intreccio fronte/fronte, la ballerina va a sinistra e il ballerino a destra; nell’interccio retro/retro la ballerina va a destra e il ballerino a sinistra. Soffermiamoci sulla disposizione complementare. Quando la ballerina è fronte, il ballerino è retro; in questa circostanza la prima va a sinistra mentre il secondo va a destra. Quando la ballerina è retro, il ballerino è fronte; in questa circostanza la prima va a destra e il secondo va a sinistra (figura 9).

Figura 9. Organizzazione dell’interrelazione (entanglement) tra due ballerini  e loro interazione col la sala da ballo, limitata da una parete. Essi possono intrecciarsi a specchio o in modo complementare. Nell’intreccio a specchio possono disporsi fronte/fronte oppure retro/retro. Nell’intreccio complementare possono disporsi  fronte/retro oppure retro/fronte. I movimenti di coppia sono predeterminati dall’intreccio e dalla parete:  fronte/fronte = ← sinistra/→ destra; retro / retro = ← sinistra/→ destra; fronte/retro = ← sinistra/ ←sinistra; retro/fronte =  →destra/→ destra.           

Ipotizziamo di essere in una sala da ballo in cui ci sono ballerini e ballerine che possono muoversi  alla propria destra e alla propria sinistra, ma sempre verso EST nella sala. Questi ballerini si differenziano per  il colore degli occhi “blu” o il colore dei capelli “castano”.  Si tratta di caratteristiche intrinseche. Realizziamo l’entanglement, cioè accoppiamo i ballerini in modo tale da avere due coppie intrecciate. Col rosso indichiamo la ballerina, col nero il ballerino. Nell’intreccio, il colore degli occhi “blu” corrisponde al “fronte” e il colore dei capelli “castano” corrisponde al retro. L’intreccio è il seguente: blu/blu (fronte/fronte), castano/castano (retro/retro ), blu/castano (fronte/retro) e  castano/blu (retro/fronte).

Il colore degli occhi e dei capelli non sono una caratteristica d’interrelazione. Da ciò si ricava che tutte e quattro le coppie possono muoversi alla propria destra e alla propria sinistra indipendentemente da come sono intrecciate.

Le caratteristiche d’interrelazione richiedono che l’ente cui appartengono queste proprietà sia complesso. Nell’esempio della pista da ballo e dei ballerini, ciascun ballerino deve avere una struttura corporea a simmetria sinistra/destra. Solo in questo caso egli avrà una propria sinistra e una propria destra rispetto a cui si muove. Questa simmetria da sola non gli consente di accoppiarsi con l’altro ballerino. Questo accoppiamento richiede un fronte/retro. Inoltre, ciascun ballerino interagisce con la sala attraverso la dicotomia d’interazione sopra/sotto e la limitazione della parete posta ad OVEST.

Soffermiamoci sull’entanglement di fotoni. Si manifesta quando due fotoni, opportunamente preparati, stabiliscono tra i loro stati quantistici una correlazione, che si mantiene anche quando i componenti del sistema sono separati da grandi distanze.

Affinché due fotoni possano intrecciarsi, ciascun fotone deve essere strutturato in una coppia di dicotomie contrapposte per potersi accoppiare e per poter interagire a coppia con un altro ente.

Analizziamo il fotone dal punto di vista dell’oscillazione. Nel fotone è presente l’oscillazione elettrica, l’oscillazione magnetica e, secondo la nostra ipotesi, l’oscillazione elettromagnetica. L’oscillazione elettrica possiamo rappresentarla con due vettori di energia (frecce rosse)che hanno un punto di applicazione sulla linea di moto e un verso opposto (↑= su, ↓= giù); l’oscillazione magnetica possiamo rappresentarla con due vettori di energia (frecce nere) che hanno il punto di applicazione sulla linea di moto e un verso opposto (← = sinistra, → = destra); l’oscillazione elettromagnetica possiamo rappresentarla con due vettori di energia (frecce gialle) che hanno il punto di applicazione sulla linea di moto e un verso opposto (↗,↙). La linea di moto è il salto quantistico e possiamo rappresentarlo con un vettore verde. Si tratta di energia immaginaria. Le dicotomie sopra/sotto, sinistra/destra, trasversale (del vettore elettromagnetico),  la linea di moto e la perpendicolarità sono caratteristiche d’interrelazione intrinseche dell’onda elettromagnetica (figura 10). 

Figura 10. Caratteristiche d’interrelazione intrinseche al fotone. I vettori elettrico, magnetico, elettromagnetico e della linea di moto  sono caratteristiche d’interrelazione intrinseche del fotone. Essi sono organizzati secondo dicotomie di opposti (tranne il vettore immaginario della linea di moto, che è singolo) e sono tra di loro perpendicolari.           

Come abbiamo illustrato nell’articolo precedente (la costanza della velocità della luce), il vettore immaginario della linea di moto interagisce col vettore di Planck (energia elettromagnetica) e determina “l’energia di frequenza”

Non consideriamo l’interazione elettromagnetica e soffermiamoci sull’oscillazione elettrica e magnetica. In basso è raffigurato un fotone nel quale l’energia elettrica oscilla su e giù (vettori rossi) e l’energia magnetica oscilla a sinistra/destra (vettori neri) (figura 11).

Figura 11. Caratteristiche d’interrelazione intrinseche del fotone con l’esclusione del vettore elettromagnetico (vettore di Planck). I vettori elettrico, magnetico e della linea di moto  sono caratteristiche d’interrelazione intrinseche del fotone. Essi sono organizzati secondo dicotomie di opposti (tranne il vettore immaginario della linea di moto, che è singolo) e sono tra di loro perpendicolari. 

Riteniamo che l’entanglement concerne l’oscillazione magnetica. Due fotoni, quindi, s’intrecciano magneticamente oscillando in modo congiunto. I due fotoni, analogamente ai due ballerini, si possono intrecciare “a specchio” e in modo “complementare”. L’intreccio “complementare” è illustrato nell’immagine in basso (figura 12).

Figura 12. Intreccio (entanglement) complementare dei vettori magnetici di due fotoni. Due fotoni si intrecciano utilizzando le caratteristiche d’interrelazione dei vettori magnetici. L’intreccio di complementarietà prevede che l’oscillazione congiunta sia (ambedue a) sinistra/(ambedue a) destra.

L’intreccio “a specchio” è illustrato nell’immagine in basso (figura 13)

Figura 13. Intreccio (entanglement) a specchio dei vettori magnetici di due fotoni. Due fotoni si intrecciano utilizzando le caratteristiche d’interrelazione dei vettori magnetici. L’intreccio a specchio prevede che l’oscillazione congiunta sia (uno a) sinistra/(l’altro a) destra, (uno a) destra/(l’altro a) sinistra.       

In due fotoni intrecciati (magneticamente) in modo complementare le oscillazioni elettriche congiunte sono ambedue “sopra”/ambedue “sotto” (figura 14)

Figura 14. Oscillazione congiunta elettrica di due fotoni intrecciati in modo complementare. Due fotoni si intrecciano utilizzando le caratteristiche d’interrelazione dei vettori magnetici. L’intreccio complementare comporta che l’oscillazione congiunta elettrica sia ambedue “sopra”/ambedue “sotto”.

In due fotoni intrecciati (magneticamente) a specchio, le oscillazioni elettriche congiunte (vettori rossi e arancioni) sono (uno) “sopra”/ (l’altro) “sotto”, (uno) “sotto”/ (l’altro) “sopra” (figura 15)

Figura 15. Oscillazione congiunta elettrica di due fotoni intrecciati a specchio. Due fotoni si intrecciano utilizzando le caratteristiche d’interrelazione dei vettori magnetici. L’intreccio a specchio comporta che l’oscillazione congiunta elettrica sia (uno) “sopra”/(l’altro ) “sotto”, (uno ) “sotto”/(l’altro ) “sopra”. I vettori elettrici sono illustrati con i colori rosso (un fotone) e arancione (l’altro fotone).        

E’ interessante osservare che all’intreccio a specchio magnetico corrisponde l’intreccio a specchio elettrico e all’intreccio complementare magnetico corrisponde l’intreccio complementare elettrico.

Ipotizziamo che il fotone interagisca con una superficie semiriflettente sulla base della dicotomia elettrica (sopra/sotto). Il fotone può colpire la superficie semiriflettente con il “sopra” oppure con il “sotto”.

Nell’esempio precedente, concernente i due ballerini, abbiamo ipotizzato un vincolo d’interazione. Le coppie congiunte non possono spostarsi nella sala a OVEST e a EST; possono spostarsi solo a EST. Anche in questa circostanza introduciamo un vincolo d’interazione. Il fotone non è libero di scegliere se oltrepassare la superficie semiriflettente oppure se venire riflesso. Supponiamo che il fotone sia costretto dall’interazione elettrica con la superficie ad agire in un modo predeterminato. Ipotizziamo che, quando il fotone colpisce la superficie semiriflettente con il proprio “sopra”, la oltrepassi; quando colpisce la superficie semiriflettente con il proprio “sotto”, sia riflesso. Quando i due fotoni sono intrecciati in modo “complementare”, possono colpire la superficie semiriflettente ambedue con il proprio “sotto” o ambedue con il proprio “sopra”. Ciò dipende dal fatto che ambedue oscillano elettricamente in modo sincronizzato, alternando l’oscillazione congiunta “sotto” all’oscillazione congiunta “sopra”. Con quale oscillazione congiunta (sotto o sopra) colpiscono la superficie semiriflettente, dipende dal caso.

Osserviamo le due immagini in basso è illustrata l’oscillazione congiunta di due fotoni intrecciati in modo complementare che colpiscono la superficie semiriflettente mentre l’oscillazione elettrica di ambedue va verso “sopra” e mentre l’oscillazione elettrica di ambedue va verso “sotto” (figura 16)

Figura 16. Due fotoni intrecciati (magneticamente) in modo complementare colpiscono una superficie semiriflettente. Possono colpire la superficie semiriflettente quando l’oscillazione elettrica congiunta è nel verso ↑ “sopra” o quando l’oscillazione elettrica congiunta è nel verso ↓ “sotto”.

Quando i due fotoni sono intrecciati “a specchio”, possono colpire la superficie semiriflettente il primo con il proprio “sotto” e il secondo con il proprio “sopra” oppure il primo con il proprio “sopra” e il secondo con il proprio “sotto”. Ciò dipende dal fatto che ambedue oscillano in modo sincronizzato, alternando l’oscillazione congiunta “sotto/sopra” all’oscillazione congiunta “sopra/sotto”. Con quale oscillazione (“sotto/sopra” o “sopra/sotto”) colpiscono la superficie semiriflettente, dipende dal caso.

Osserviamo le due immagini in basso è illustrata l’oscillazione congiunta di due fotoni intrecciati a specchio che colpiscono la superficie semiriflettente con l’oscillazione elettrica anch’essa a specchio (figura 17)

Figura 17. Due fotoni intrecciati (magneticamente) a specchio colpiscono una superficie semiriflettente. Possono colpire la superficie semiriflettente quando l’oscillazione elettrica congiunta: è uno “sopra” e l’altro ↓ “sotto” o quando l’oscillazione elettrica congiunta è: uno ↓ “sotto” e l’altro ↑ “sopra”.

Possiamo ricostruire anche per i fotoni l’organizzazione dell’interrelazione concernente i due ballerini. Sappiamo che le particelle elementari sono indistinguibili. Noi differenziamo i due fotoni tramite colori per illustrare il loro diverso comportamento nell’interazione (figura 18).

Figura 18. Organizzazione dell’interrelazione (entanglement) tra due fotoni  e loro interazione con una superficie semiriflettente. Essi possono intrecciarsi magneticamente a specchio o in modo complementare. Nell’intreccio complementare, possono colpire congiuntamente la superficie ambedue con il proprio sotto ↓ ↓(elettrico) o ambedue con il proprio sopra ↑ ↑(elettrico) . Nell’intreccio a specchio, possono colpire congiuntamente la superficie semiriflettente il primo con il proprio  “sotto” ↓ e il secondo con il proprio “sopra” ↑ oppure il primo con il proprio “sopra” ↑e il secondo con il proprio “sotto” ↓. Ciascuno dei due fotoni attraversa la superficie semiriflettente quando interagisce con il proprio “sopra” e viene riflesso quando interagisce con il proprio “sotto”.

Sono stati condotti esperimenti nei quali i fotoni rispettano l’organizzazione della figura 18. Due fotoni inviati contemporaneamente verso una superficie semiriflettente, si comportano in modo opposto. Quando un fotone attraversa la superficie, l’altro è riflesso e viceversa. Il comportamento contrapposto dipende dalla disposizione magnetica a specchio. Il fotone, che attraversa la superficie semiriflettente, la colpisce con il proprio “sopra” elettrico, mentre l’altro fotone, che viene riflesso, la colpisce con il proprio “sotto” elettrico (figura 19).

Figura 19. Due fotoni intrecciati a specchio colpiscono una superficie semiriflettente. Quando uno dei due fotoni è riflesso, l’altro attraversa la superficie. Il fotone riflesso colpisce la superficie col proprio “sotto” ↓; il fotone che attraversa la superficie la colpisce col proprio sopra ↑.  

Se si modifica l’orientamento magnetico di uno dei due fotoni, facendolo ruotare di 90 gradi, i due fotoni escono sempre da direzioni contrapposte o perché vengono ambedue riflessi oppure perché ambedue attraversano lo specchio semiriflettente. Ciò dipende dal fatto che siamo in presenza di una interazione congiunta “complementare”. Nella prima circostanza, ambedue i fotoni colpiscono la superficie semiriflettente con il proprio “sotto” e vengono riflessi; nella seconda circostanza, ambedue i fotoni colpiscono la superficie riflettente con il proprio “sopra” e la attraversano (figura 20).

Figura 20. Due fotoni intrecciati in modo complementare colpiscono una superficie semiriflettente. Quando uno dei due fotoni è riflesso, anche l’altro è riflesso. In questa circostanza, ambedue i fotoni colpiscono la superficie con il loro “sopra”. Quando uno dei due fotoni attraversa la superficie, anche l’altro fotone attraversa la superficie. In questa circostanza, ambedue i fotoni colpiscono la superficie con il loro “sotto”.  

Se i fotoni, nell’interazione congiunta elettrica con la superficie semiriflettente o con qualsiasi altro ente sono vincolati, il loro comportamento è predeterminato. Non possono scegliere se attraversare la superficie oppure se essere riflessi. In questo caso, esistono variabili nascoste che predeterminano il comportamento delle particelle entangled ed Einstein aveva ragione quando affermò che “Dio non gioca a dadi”.  Se, al contrario, i fotoni nell’interazione elettrica con la superficie semiriflettente o con qualsiasi altro ente non sono vincolati, il loro comportamento non è predeterminato. Essi, quindi, sono liberi di scegliere quale delle due strade percorrere (riflessione o attraversamento). In questo caso, aveva ragione Bohr.

Per concludere il nostro scritto, soffermiamoci sul teorema di Bell, detto anche  diseguaglianza di Bell. La diseguaglianza di Bell è una formula che si applica nell’intreccio di caratteristiche di un “ente”. Ipotizziamo coppie di gemelli identici che si intrecciano tramite queste tre caratteristiche: alto/basso di statura, azzurro/castano di occhi, biondo/nero di capelli. Abbiamo otto possibili coppie di gemelli identici intrecciati con queste caratteristiche: alto/azzurro/biondo, alto/azzurro/nero, alto/castano/biondo, alto/castano/nero, basso/azzurro/biondo, basso/azzurro/nero, basso/castano/biondo, basso/castano/nero. Ipotizziamo di avere un certo numero di queste coppie di gemelli identici. La diseguaglianza di Bell è la seguente: il numero di coppie di gemelli alto/azzurro è maggiore o uguale al numero di coppie di gemelli alto/nero + numero di coppie di gemelli azzurro/biondo.

La diseguaglianza di Bell, ideata dal fisico irlandese Jonh Bell vale per l’entanglement (intreccio) tra caratteristiche intrinseche o di relazione singola. Essa è, invece, violata quando si intrecciano  caratteristiche di interrelazione (dicotomiche). Questa diseguaglianza è rispettata per il semplice fatto che tutti i possibili accoppiamenti tra gemelli sono sempre possibili qualunque sia il modo con cui i gemelli interagiscono con un altro ente.

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