Se osserviamo un oggetto nello spazio circostante, esso è figura, l’aria che lo circonda è sfondo. Chiamiamo lo sfondo che delimita i corpi materiali: spazio virtuale. Chiamiamo la figura dei corpi: spazio sostanziale. L’interazione figura/sfondo genera una quantificazione dello spazio. Osserviamo l’immagine in basso (figura 1). Percepiamo tre figure (palline) che si stagliano sullo sfondo.

Ogni pallina è un quantum spaziale delimitato dallo sfondo. A loro volta, le palline delimitano lo sfondo. Lo spazio virtuale tra una pallina e l’altra è la “distanza”.
Sappiamo che la fisica è la scienza che studia i fenomeni naturali, al fine di descriverli misurandone le proprietà (o grandezze) e stabilendo tra queste relazioni matematiche (leggi).
Soffermiamoci sul concetto di “misura di grandezze”. Ogni corpo ha una propria grandezza che definiamo “grandezza intrinseca” (al corpo). I corpi hanno grandezze diverse; possiamo affermare che le grandezze dei corpi variano. La grandezza di un corpo rispetto a quella di un altro corpo è grandezza relativa. La grandezza assoluta è la grandezza relativa ad uno strumento di misura. Misurando ogni grandezza con lo stesso strumento di misura, la grandezza intrinseca di un corpo diviene grandezza assoluta.
Supponiamo di voler misurare la grandezza di un corpo unidimensionale, per esempio un segmento. Per compiere questa misurazione utilizziamo un metro. Lo accostiamo al segmento e ne osserviamo la lunghezza (figura 2).

La misurazione spaziale è un confronto, in cui lo strumento di misura è un riferimento fisso invariante. Qualsiasi oggetto vogliamo misurare, utilizziamo sempre lo stesso riferimento invariante. Il metro, che funge da unità di misura, è uno spazio quantizzato, cioè uno spazio in cui interagiscono più figure che si stagliano sullo sfondo. Nel caso del metro le figure sono punti adimensionali posti a distanza uguale, l’uno dall’altro.
La distanza da un punto all’altro è grandezza intrinseca. Nel metro ogni distanza tra due punti, cioè ogni grandezza intrinseca è uguale all’altra. Chiamiamo “reticolo unidimensionale spaziale” l’insieme dei punti su una retta ideale che fraziona lo spazio virtuale in parti uguali. Il reticolo unidimensionale spaziale è l’unità di misura dello spazio. Il reticolo è spazio discontinuo. Con esso misuriamo il continuum spaziale del segmento.
Il metro, utilizzato come unità di misura, nasce dall’interazione di più reticoli unidimensionali. Essi interagiscono con la relazione tutto/parte. Osserviamo l’immagine in basso. Si tratta di un righello su cui possiamo individuare tre reticoli: il reticolo dei decimetri, il reticolo dei centimetri e il reticolo dei millimetri. L’interazione tutto/parte è di uno su dieci. Il decimetro è una unità (tutto) frazionata in dieci parti (dieci centimetri). A sua volta un centimetro è una unità (tutto) frazionata in dieci parti (dieci millimetri) (figura 3).

Osserviamo l’immagine in basso. Il reticolo, costituito da punti materiali equidistanti l’uno dall’altro (discontinuum spaziale), ci consente di misurare la grandezza del segmento (continuum spaziale). Anche la misura di un corpo nasce dall’interazione tutto/parte. Il corpo è il tutto (unità), le parti sono componenti del reticolo (figura 4).

Il metro è costituito da un insieme di reticoli, strutturati nella relazione tutto (uno)/parte (dieci). Quando utilizziamo il metro, possiamo eseguire la misura in mm, cent, dm, dam, ecc. Il metro è un reticolo complesso ordinato. Quest’ordine concerne i singoli reticoli e l’interazione tutto/parte tra un reticolo e l’altro. Un singolo reticolo è ordinato quando i punti materiali sono disposti a distanze uguali. Un reticolo complesso è ordinato quando l’interazione tutto/parte tra reticoli ordinati è la stessa (nel caso del metro 1/10)
Il reticolo spaziale ordinato ci serve per misurare le grandezze che potenzialmente variano. Potremmo, però, costruire un reticolo spaziale disordinato. In questa circostanza le grandezze intrinseche sono diverse l’una dall’altra. Questo reticolo, però, non può essere usato come unità di misura delle grandezze (figura 5).

Il continuum spaziale può essere la grandezza di un corpo oppure la distanza tra un corpo e l’altro. Anche per misurare distanze utilizziamo reticoli. Con un reticolo possiamo misurare la distanza tra due punti materiali. Utilizziamo, in questa circostanza, un metro frazionato da centimetri. Nell’immagine in basso è illustrata la misura in centimetri della distanza tra due punti materiali. I due punti materiali distano 4 cm. Questa misura avviene in uno spazio unidimensionale (figura 6).

L’interazione figura/sfondo (spazio virtuale) ci consente di definire il concetto di punto direzionale. Il punto direzionale è una figura adimensionale da cui si diramano direzioni. Le direzioni sono spazio virtuale. Il punto direzionale è anche il centro delle direzioni possibili.
Le direzioni possibili dipendono dalle dimensioni dello spazio virtuale su cui si staglia il punto materiale. In uno spazio unidimensionale sono possibili due sole direzioni virtuali contrapposte partendo dal centro (punto adimensionale). Possiamo designare le due direzioni contrapposte come sinistra/destra (figura 7).

In uno spazio unidimensionale le direzioni contrapposte sono sempre le stesse, quindi sono invarianti.
In uno spazio bidimensionale, le direzioni virtuali contrapposte, partendo da un centro sono pressoché infinite. Per misurare le innumerevoli direzioni possibili da un centro (punto direzionale), in uno spazio bidimensionale ne scegliamo due coppie: sinistra/destra e sopra/sotto. Esse sono invarianti (figura 8).

Il tempo si differenzia dallo spazio per la sua dinamicità. Il tempo è dinamico, cioè scorre; lo spazio è statico.
L’interazione figura/sfondo ci ha consentito di differenziare il continuum spaziale dal discontinuum spaziale. Ci ha consentito, inoltre, di definire lo strumento di misura come spazio discontinuo e, infine, ci ha consentito di definire il punto direzionale. Per quanto concerne il tempo, piuttosto che partire dall’interazione figura/sfondo, ci sembra più opportuno e intuitivo partire dall’interazione presenza/assenza. La figura temporale possiamo considerarla come una “presenza”. Lo sfondo temporale possiamo considerarlo come “assenza”. Nei termini “presenza” “assenza” è, infatti, implicito il concetto di tempo. Un accadimento, per esempio una fiamma nel camino, è figura temporale per il tempo della sua presenza. Questo tempo è delimitato temporalmente dall’assenza di fiamma. L’assenza precede e segue la presenza.
Lo spazio, misurato col reticolo spaziale, è statico. Il tempo, invece, è dinamico. Il dinamismo temporale è uniforme, scorre, cioè sempre allo stesso modo. Per misurare lo scorrere uniforme delle durate, occorre un reticolo temporale. Lo scorrimento del tempo è unidimensionale con due direzioni contrapposte. In virtù del suo scorrere, il reticolo temporale è costituito da un istante direzionale (centro), da cui si diramano due direzioni contrapposte: passato e futuro (prima/dopo); il centro è il presente (figura 9).

Il continuum temporale concerne le durate. Ogni durata è grandezza temporale intrinseca. Ogni durata di un evento o accadimento può essere diversa da un’altra durata. Per misurare il continuum temporale delle durate (che variano l’una dall’altra) occorre un reticolo temporale dinamico regolare. Esso si costruisce istante per istante.
Anche il tempo quantizzato del reticolo (discontinuum temporale) può essere meglio definito con la dicotomia presenza/assenza. Supponiamo di osservare una pulsar, cioè una sorgente radio pulsante (stella di neutroni). Essa emette radiazioni elettromagnetiche a intervalli regolari. La pulsar può essere utilizzata come strumento regolare di misura del tempo, cioè come reticolo temporale. La radiazione pulsante è presente o assente. L’intervallo temporale tra una pulsazione (presenza) e l’altra, scandisce il tempo frazionandolo. Chiamiamo “istante” il punto direzionale, le pulsazioni della stella sono un susseguirsi d’istanti.
Uno strumento di misura del tempo può anche essere un metronomo. La presenza/assenza è data dal battito sonoro del metronomo. Ogni battito è presenza; il discontinuum temporale è scandito da questi battiti. Ogni battito è un istante (punto direzionale). L’intervallo temporale tra un battito e l’altro è invariante.
Nel reticolo dinamico temporale, l’istante iniziale della misurazione è istante “0”. Nell’istante 1 (presente), l’istante 0 è nel passato mentre l’istante 2 è nel futuro. Nell’istante 2 (presente), gli istanti 0 e 1 sono nel passato, l’istante 3 è nel futuro, ecc. (figura 10).

Il reticolo temporale regolare, analogamente al reticolo spaziale è un susseguirsi di grandezze uguali. Ciò significa che se confrontiamo ciascuna durata del reticolo ci accorgiamo che una è uguale all’altra.
Il reticolo temporale è tempo discontinuo usato come strumento di misura del continuum temporale. Osserviamo l’immagine in basso. Col metronomo (tempo discontinuo) misuriamo la durata di un evento (continuum temporale). Analogamente a quanto avviene con lo spazio, anche col tempo la misura si realizza attraverso l’interazione tra l’unità (evento) e le parti del reticolo temporale (figura 11).

Potremmo, però, costruire un reticolo temporale irregolare. In questa circostanza gli istanti non sono equidistanti l’uno dall’altro, ma la loro distanza varia. In questa circostanza ciascuna durata è diversa dall’altra. Questo reticolo temporale irregolare, però, non può essere usato per misurare il tempo (figura 12).

Abbiamo scritto che il continuum temporale scorre in modo uniforme. Per quanto concerne il discontinuum temporale del reticolo abbiamo due possibilità. Se il reticolo temporale è regolare, anche il tempo discontinuo di questo reticolo è uniforme, scorre cioè secondo dopo secondo, minuto dopo minuto. Se, però, il reticolo temporale è irregolare, il tempo discontinuo di questo reticolo scorre in modo difforme. Ad una durata segue una durata diversa.
I reticoli spaziali sono costituiti da punti adimensionali posti a distanze uguali. Più reticoli spaziali formano un sistema complesso. Il sistema metrico decimale è formato da innumerevoli reticoli spaziali, strutturati nel rapporto 1/10.
I reticoli temporali sono istanti (“presenze”), che avvengono a intervalli regolari. Più reticoli temporali formano un sistema complesso. Il sistema sessagesimale è formato da innumerevoli reticoli temporali, strutturati in modi diversi. Abbiamo la scala sessagesimale che concerne i secondi, i minuti e le ore e altre scale per i mesi, gli anni, ecc..
Lo spazio, oltre che statico, può anche essere dinamico. Un oggetto, per esempio, può ingrandire o rimpicciolire. Lo spazio dinamico è lo spazio/tempo. Mentre il tempo scorre uniforme, l’oggetto ingrandisce o rimpicciolisce.
Un dinamismo spazio/temporale studiato dai fisici è il movimento dei corpi. Il moto dei corpi, come vedremo, può essere continuo o discontinuo. Nella fisica classica si studia il moto continuo dei corpi. Un punto materiale in moto si può definire come continuum spazio/temporale (dinamico). Il continuum spazio/temporale nel moto dei corpi è la velocità. Essa si definisce come rapporto tra lo spazio e il tempo (s/t). Il continuum spazio/temporale, cioè la velocità, concernente il moto dei corpi è uniforme. In un corpo che si muove alla stessa velocità, spazio e tempo crescono in modo uniforme.
La velocità di un corpo è una grandezza spazio/temporale intrinseca (al corpo). Essa si differenzia dalle durate e dalle grandezze spaziali intrinseche. Queste ultime non variano. La velocità, invece, può intrinsecamente variare. Se un corpo si muove di moto rettilineo uniforme lo spazio percorso cresce proporzionalmente allo scorrere del tempo. Se un corpo accelera o decelera è la velocità a crescere/decrescere proporzionalmente allo scorrere uniforme del tempo. Non consideriamo l’accelerazione/decelerazione, ma soffermiamoci sul moto rettilineo uniforme.
Nella fisica classica (di Newton e Galilei) i movimenti sono un continuum spazio/temporale. Un corpo materiale si muove percorrendo lo spazio della scena, in un continuum spazio/temporale. Per misurare questo continuum spazio/temporale, misuriamo indipendentemente lo spazio percorso e il tempo di percorrenza. Utilizziamo, a tal proposito, un reticolo spaziale regolare e un reticolo temporale regolare.
Osserviamo l’immagine in basso (figura 13)

Per l’osservatore sul carrello: il cannoncino è in quiete e il proiettile, accelerato dalla pressione dei gas che si formano in seguito all’esplosione, esce dalla bocca con velocità vc.
Se sparo dei proiettili con un cannoncino, la velocità con cui i proiettili escono dalla canna (misurata da un osservatore in quiete rispetto al cannoncino) sarà la stessa sia col cannoncino fissato ad un carrello che si muove su rotaie a velocità costante V, sia col cannoncino fermo a terra.
Per l’osservatore a terra: inizialmente il proiettile entro la canna possiede la stessa velocità V del carrello. Poi, in seguito allo sparo, il proiettile subisce un incremento di velocità pari a vc. Pertanto rispetto alla terra il proiettile esce dalla bocca con velocità vT = V + vc.
Questa relazione tra le due velocità è nota anche come legge di composizione delle velocità di Galileo.
Carrello cannone e palla si muovono alla velocità Vc, rispetto all’oggetto fisso al suolo. La palla si muove alla velocità V rispetto al carrello e al cannone. La palla modifica la sua posizione rispetto all’oggetto fisso al suolo con due moti, quello del carrello e quello causato dall’esplosione. I tempi dei due movimenti si sovrappongono. La palla si allontana per il moto del carrello e per il moto causato dall’esplosione nello stesso tempo. Il tempo (frecce) quindi non varia. Gli spazi (segmenti) dei due movimenti, invece, si sommano (figura 14).

Tempo e spazio nella meccanica classica cioè nel moto continuo dei corpi interagiscono mantenendosi separati l’uno dall’altro. Nella composizione delle velocità, un tempo si sovrappone all’altro e uno spazio si somma (o si sottrae) all’altro. L’interazione tra i due tempi si traduce in una invarianza del tempo. L’interazione tra i due spazi si traduce in una somma o sottrazione.
Il movimento può essere continuo o discontinuo. Il movimento discontinuo avviene attraverso un reticolo spazio/temporale. Il reticolo spaziale, come già scritto, è statico mentre il reticolo temporale è dinamico. Il reticolo spazio/temporale è anch’esso dinamico, proprio come il tempo. Nel reticolo spazio/temporale le presenze si susseguono ordinatamente nel tempo e nello spazio. Ciò vuol dire che sia l’intervallo temporale sia l’intervallo spaziale tra una presenza e l’altra è di uguale grandezza.
Supponiamo di porre lampade a dieci metri di distanza l’una dall’altra. Facciamo sì che esse lampeggino una dopo l’altra nell’intervallo di un secondo. Abbiamo, in tal modo costruito, un reticolo spazio/temporale. Il lampo di luce, infatti, è la nostra presenza. Esso si attiva a intervalli regolari spaziali (dieci metri) e temporali (un secondo). Chiamiamo nodo il punto spazio/temporale di presenza (figura 15)

Il reticolo spazio/temporale di 10m/1sec. è un susseguirsi di velocità intrinsecamente invarianti. Il salto da un nodo all’altro, infatti, avviene sempre alla stessa velocità, cioè non vi è accelerazione o decelerazione durante il salto (invarianza intrinseca). Inoltre, ogni salto è spazio/temporalmente uguale all’altro. Questo reticolo, a velocità costante, è regolare, poiché ogni salto è uguale all’altro. Potremmo, però, costruire un reticolo, a velocità costante, irregolare. In questa circostanza i nodi spazio/temporali non sono equidistanti l’uno dall’altro, ma la loro distanza varia. Ciascun salto spazio/temporale (fatto alla stessa velocità) è diverso dall’altro. (figura 16).

Nel moto continuo a velocità costante dei corpi, lo spazio/tempo scorre uniformemente. Nel moto discontinuo a velocità costante dei corpi, lo spazio tempo può scorrere in modo uniforme o difforme. Se il reticolo spazio/temporale è regolare, lo spazio/tempo scorre uniformemente, cioè ad intervalli uguali. Se il reticolo spazio/temporale è irregolare, lo spazio/tempo scorre difformemente, cioè ad intervalli diversi.
Il movimento, nella meccanica quantistica è quantizzato, avviene, cioè, sotto forma di un reticolo spazio/temporale. La particella di energia salta da un punto all’altro generando un reticolo spazio/temporale.
Osserviamo l’immagine in basso. Si tratta di una rappresentazione dell’onda elettromagnetica. Soffermiamoci sulla componente elettrica. L’onda elettrica può essere descritta come un susseguirsi nello spazio/tempo di vortici di energia. Abbiamo un vortice di energia positiva (cresta, moto orario) seguito da un vortice di energia negativa (ventre, moto antiorario) L’energia positiva è presente in un punto dello spazio tempo poi è assente e riappare in un altro punto dello spazio/tempo lungo una precisa direzione spazio/temporale. Il movimento dell’onda elettrica è quantizzato. E’, cioè, costituito da punti spazio/temporali (presenze) intervallati da assenze (figura 17).

Nel loro diffondersi nello spazio in ogni direzione, l’onda elettrica e l’onda magnetica si muovono per salti spazio/temporali. Ambedue le onde descrivono un reticolo spazio/temporale direzionale.
Questo reticolo spazio/temporale è intrinsecamente invariante. La velocità di ogni salto è sempre la stessa. La luce, infatti, viaggia sempre alla stessa velocità di 300.000 km al secondo.
Nel mondo del continuum, il tempo è separato dallo spazio nel comporre la velocità. L’invarianza intrinseca (uguale velocità per ogni salto) del moto discontinuo, invece, si traduce in un legame inscindibile tra lo spazio e il tempo.
Osserviamo l’immagine in basso (figura 18).

Secondo le leggi di Maxwell-Lorentz un fascetto luminoso si muove con la stessa velocità per un osservatore a terra e per uno sul carrello.
Questa conclusione è tuttavia in contraddizione con la legge di composizione delle velocità di Galileo!
Il movimento per salti spazio/temporali è diverso dal movimento come continuum spazio/temporale. Nel movimento per salti spazio/temporali, il tempo e lo spazio sono un’unità inscindibile. Nel movimento come continuum spazio/temporale, tempo e spazio sono un’interazione tra “enti” separabili. La velocità della luce non si può comporre con la velocità del carrello per due motivi: il tempo della velocità della luce non può sovrapporsi al tempo della velocità del carrello; lo spazio della velocità della luce non si può sommare (o sottrarre) allo spazio della velocità del carrello (figura 19).
