La fisica è una scienza esatta; la medicina è una scienza probabilistica. Se lasciamo cadere da un balcone un milione di volte una moneta, questa finirà sempre a terra. La forza di gravità, infatti, agisce sempre allo stesso modo ed è ineluttabile. Se iniettiamo a centomila pazienti una dose di penicillina, non sempre il farmaco sarà efficace contro l’infezione. Può accadere che a uno o più pazienti la dose sia letale a causa di uno shock anafilattico, per intolleranza al farmaco.
Il medico, sia debba somministrare una cura al paziente, sia debba fare una diagnosi, si trova davanti a scelte probabilistiche. La cura può avere alte probabilità di riuscita. La certezza che vada bene non c’è. Lo stesso accade con la diagnosi. Anche se molti sintomi, segni, analisi, spingono a supporre una determinata patologia a uno specifico stato di gravità, la certezza non c’è.
La complessità delle malattie, della loro diagnosi e cura è smisurata. Vi sono circa cento tipi di linfomi. Il medico, dopo che ha diagnosticato il tipo di linfoma, deve accertarne la stadiazione. Ogni linfoma, infatti, si presenta a uno stadio di crescita. A questo punto occorre stabilire la cura. Non esiste una cura efficace per il 100% dei pazienti. Ogni paziente, infatti, risponde in modo diverso alla cura. A volte, bisogna provarne alcune, prima di trovare quella più efficace. Trovata la cura, non sempre il paziente guarisce. Viene in mente il principio di Anna Karenina di Lev Tolstoj (1877): «Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo». Questo principio si può applicare alla medicina: “Tutte le persone sane si assomigliano fra loro, ogni persona malata è malata a modo suo”.
Nella quotidianità del rapporto medico/paziente, il medico è costretto e fare diagnosi che hanno una maggiore o minore probabilità di correttezza e in questa incertezza il medico deve prendere una decisione.
Il rapporto medico/paziente si snoda nella dicotomia a priori/a posteriori. A priori siamo nel campo del probabile; a posteriori abbiamo la certezza. Il medico agisce a priori. Ipotizza una patologia e prescrive una probabile cura. Solo a posteriori si constata se la patologia era quella ipotizzata dal medico e se la cura ha avuto efficacia. Il proverbio “del senno di poi son piene le fosse” descrive efficacemente il ruolo difficile del medico. E’ facile a posteriori stabilire correttezze/errori di cure e diagnosi. Quasi impossibile è stabilirlo a priori.
Nella CARTA EUROPEA DEI DIRITTI DEL MALATO al punto 9 è sancito il diritto alla sicurezza. In questo punto è scritto che ogni individuo ha il diritto di essere libero da danni derivanti dal cattivo funzionamento dei servizi sanitari, dalla malpractiche e dagli errori medici … In un mondo di complessità inaudita, dove l’errore (definito a posteriori) è dietro l’angolo, s’introduce il diritto alla libertà da danni derivanti dagli errori medici. Nessuno, solo Dio, può garantire questo diritto.
Coloro che hanno redatto questa carta non hanno la più pallida idea della complessità della biologia molecolare, del sistema immunitario e degli apparati del corpo umano. Si tratta di persone ignoranti che, sulla base di un presupposto ideologico, introducono regole che incidono sulla carne viva del rapporto medico/paziente.
Nel punto 14 s’introduce il diritto al risarcimento. In questo punto è scritto quanto segue: ogni individuo ha diritto di ricevere un sufficiente risarcimento in un tempo ragionevolmente breve ogni qual volta abbia sofferto un danno fisico ovvero morale e psicologico causato da un trattamento di un servizio sanitario.
Il punto 14 è una vera e propria istigazione alla denuncia. E’ facile che chi abbia ricevuto un trattamento sanitario, abbia da recriminare per qualcosa. Quest’articolo spinge queste persone alla denuncia. Essendo la medicina una scienza probabilistica, può accadere che a posteriori si constati che una diagnosi sia stata sbagliata oppure che una cura si sia rivelata scorretta. Il giudice decide sulla base dell’evidenza a posteriori e condanna l’azienda oppure il medico al risarcimento danni. Per questo motivo le denunce e le condanne contro le aziende ospedaliere e contro i medici sono, in pochi anni, aumentate a dismisura con conseguenze deleterie per l’intero sistema sanitario.
I medici rifuggono da incarichi in settori ad alto rischio di denuncia. Al pronto soccorso e in chirurgia si cominciano ad avere carenze di personale. I medici, inoltre, applicano la cosiddetta “medicina di difesa”. Il paziente, infatti, è per il medico una “minaccia”, un “pericolo”. Per evitare denunce, prescrivono innumerevoli accertamenti diagnostici. I medici di famiglia rilasciano certificati di malattia anche a pazienti palesemente in salute che lamentano varie patologie finalizzate a evitare di lavorare. Sono, infatti, minacciati: “Se mi manda a lavorare e mi succede qualcosa, la denuncio”. Si sperperano milioni di euro e si facilitano truffe. Questo genera carenze di risorse finanziare che ricadono sui pazienti, costretti ad aspettare mesi per un accertamento diagnostico.
L’ideologia dei diritti umani spinge il legislatore a prestare attenzione al singolo piuttosto che alla comunità. L’azienda ospedaliera è una comunità, di cui fa parte sia il paziente sia il personale sanitario. E’ interesse generale di chi vive in Italia che ogni azienda ospedaliera sia efficiente. Affinché ciò sia possibile, occorre tutelare non solo il paziente ma anche l’operatore sanitario. Egli deve poter esercitare la propria delicata professione rimanendo sereno. Il rapporto medico/paziente deve tornare a essere quello di una volta. Al personale sanitario si deve imporre soltanto di rispettare determinati protocolli. Solo se non li rispetta, può essere processato.