In un precedente articolo ci siamo soffermati sulle azioni dei tre poteri dello Stato. Il potere legislativo promulga le leggi; il potere esecutivo applica le leggi; il potere giudiziario punisce chi non rispetta le leggi. Queste tre azioni devono avere uno stesso obiettivo (prima funzione) e dei limiti alla loro applicazione (seconda funzione). Abbiamo affermato che, come regola generale, l’obiettivo delle tre azioni deve essere il bene della Nazione mentre il limite alle tre azioni sono i diritti umani. I tre poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, nel loro agire, devono prefiggersi il bene della Nazione. Per realizzare quest’obiettivo non devono andare oltre i limiti della garanzia dei diritti umani. L’obiettivo è ciò che devono realizzare; i limiti sono ciò che non possono violare. Nella figura 1) è illustrata l’interazione tra i diritti umani e il bene della Nazione.

Le azioni (stesura delle leggi, esecuzione delle leggi, punizione di chi non rispetta le leggi) finalizzate al bene della Nazione, nei limiti dei diritti umani, avvantaggia la comunità in modo diretto e avvantaggia i singoli in modo indiretto. Se i tre poteri dello Stato agiscono esclusivamente per il bene della comunità, essa tende a prosperare. Maggiore benessere comunitario si traduce in maggiore benessere dei singoli. I cittadini con problemi di disabilità non sono aiutati in modo diretto con interventi legislativi finalizzati al loro benessere; sono invece aiutati in modo indiretto. Al maggior benessere della comunità, infatti, corrisponde anche un maggior benessere di tutti i cittadini, compresi i disabili.
Riteniamo che promulgare leggi, applicarle e punire chi non le rispetta, avendo come obiettivo il riconoscimento/garanzia dei diritti umani, in qualche modo, crea un danno alla comunità. Se sono invertiti obiettivo e limite si modifica la legge di proporzionalità tra bene comune e bene individuale. Quando l’obiettivo (delle leggi) è il bene comune, nei limiti dei diritti individuali, benessere generale e benessere individuale sono direttamente proporzionali. Alla crescita del benessere della comunità corrisponde una analoga crescita del benessere individuale. Possiamo fare l’esempio dell’attività sportiva praticata nei limiti consentiti dai nostri organi. Stabiliamo una regola: praticare attività sportiva quotidiana, senza danneggiare parti del corpo. Tale regola genera benessere all’intero organismo e a ciascun singolo organo. Benessere dell’organismo e benessere di ciascun organo sono direttamente proporzionali.
Se l’obiettivo della legge è garantire/riconoscere un diritto umano individuale, nei limiti del bene della Nazione, benessere generale e benessere individuale (del soggetto avente diritto) sono inversamente proporzionali. Alla crescita del benessere del soggetto avente diritto corrisponde una decrescita del benessere generale. Possiamo fare l’esempio della cura oncologica di un organo malato nei limiti della salvaguardia dell’organismo. Per curare il tumore alla mammella si utilizza la chemioterapia che ha effetti collaterali dannosi per l’intero organismo.
Nella figura 2) è illustrata la relazione direttamente proporzionale tra benessere individuale e benessere della comunità nazionale. Una legge che ha come obiettivo il bene della Nazione, nei limiti dei diritti individuali avvantaggia sia la comunità nazionale sia i singoli cittadini. Nella figura 3) è illustrata la relazione inversamente proporzionale tra benessere degli aventi diritto e benessere della comunità nazionale. Una legge che ha come obiettivo la garanzia/riconoscimento dei diritti umani nei limiti del bene della Nazione, avvantaggia gli aventi diritto e svantaggia la comunità nazionale.

Chiamiamo “principio di proporzionalità”, la proporzionalità diretta e inversa tra benessere comune e benessere individuale, utilizzati alternativamente come obiettivo e limite. Questo principio recita: le leggi finalizzate al bene della Nazione nei limiti dei diritti individuali accrescono sia il benessere generale sia il benessere individuale (proporzionalità diretta); le leggi finalizzate al riconoscimento/garanzia dei diritti umani, nei limiti del bene della nazione, favoriscono il benessere degli aventi diritto a danno della comunità (proporzionalità inversa).
Il principio di proporzionalità vale in numerosi ambiti sociali. L’ambito più evidente è quello economico. I diritti umani costano e, a pagarne le spese, è l’intera comunità che è soggetta a maggior tassazione. Per esempio, riconoscere/garantire il diritto d’asilo ha costi enormi. Centinaia di migliaia di migranti sono entrati in Italia e in Europa incrementando le spese per il welfare. Mantenere negli alberghi e nelle caserme i migranti che hanno fatto domanda d’asilo politico, costa circa cinque miliardi di euro l’anno.