In un precedente articolo (l’altruismo patologico) abbiamo differenziato i comportamenti e gli atteggiamenti in individualisti, cioè volti al bene dei singoli, e comunitari, cioè volti al bene comune. I comportamenti individualisti, inoltre, li abbiamo ripartiti in egoistici, cioè funzionali al proprio benessere, e altruistici, cioè funzionali al bene del prossimo. Riprendiamo questi concetti, inserendoli in un discorso concernente le interazioni sociali.
Ciascuno di noi, salvo che non stia da solo a casa, agisce in una comunità. Da ciò si evince che il comportamento finalizzato al bene comune è prioritario rispetto al comportamento finalizzato al bene del singolo. Il comportamento comunitario si concretizza nel rispetto delle leggi che tutelano la comunità. Il comportamento individualistico può realizzarsi solo se non danneggia la comunità, cioè, solo se si rispettano le leggi.
La tutela della comunità acquisisce maggiore o minore valenza sulla base del ruolo. Un docente, in un consiglio d’istituto è subordinato (assieme agli altri docenti) rispetto al dirigente scolastico (superiore). Lo stesso docente, in una classe, ha il ruolo di superiore rispetto agli studenti (subordinati). Come superiore ha più responsabilità. Egli, infatti, ha l’onere e l’onore di tutelare la classe rispettando le regole e facendole rispettare.
Il dovere di tutelare la comunità da parte del superiore si mantiene anche in azioni che la stessa comunità fa a vantaggio di singoli o gruppi esterni alla comunità stessa (comportamento altruistico). Consideriamo i vigili del fuoco. Il comandante ha precise responsabilità nei confronti dei suoi uomini. Il suo primo dovere è garantire l’incolumità della comunità di cui lui è responsabile e di cui fa parte. Non può, per salvare la vita di una persona, mandare a morire un suo subordinato.
Soffermiamoci adesso sulle navi ONG che soccorrono i migranti al largo della Libia e li portano a Malta e in Italia. In queste navi vi è un equipaggio ed un comandante. Il capitano soccorre i migranti in nome dei diritti umani (comportamento altruistico). Quest’azione di soccorso, però, è subordinata alla tutela dell’equipaggio. I diritti umani dei migranti non possono spingere il comandante a rischiare la vita degli uomini a lui sottoposti. Supponiamo che prima che inizi l’operazione di soccorso, il capitano sia informato che vi è una concreta possibilità che tra i migranti vi siano terroristi che vogliano uccidere i membri dell’equipaggio e impossessarsi della nave. Egli non metterà mai in repentaglio la vita dei suoi uomini in nome dei diritti umani.
Formuliamo un’altra ipotesi. Supponiamo che il capitano sia obbligato a trattenere sulla nave, per ogni azione di soccorso, un migrante cui deve garantire vitto, alloggio, assistenza sanitaria, patrocinio legale e una paghetta. Dopo alcune missioni di soccorso, il numero dei migranti da mantenere e tutelare creerebbe disagio e malcontento nell’equipaggio. Sulla sua nave, infatti, la presenza di un gruppo di sfaccendati, diventerebbe ben presto intollerabile. Il comportamento altruistico, finalizzato al soccorso dei migranti, si scontrerebbe con le conseguenze disgreganti sulla comunità all’interno della nave. Siamo convinti che il capitano sarebbe costretto ad abbandonare le azioni di salvataggio in nome dei diritti umani.
Il capitano della nave ONG, quindi, subordina, giustamente, il salvataggio in nome dei diritti umani alla tutela della comunità che opera sulla nave. Solo dopo aver garantito questa tutela egli si prodiga in missioni di soccorso. Quando, però, egli giunge lungo le coste di Malta o dell’Italia, chiede che i governanti di questi Stati accolgano i migranti. Secondo lui, è giusto che questi governanti agiscano contro gli interessi della propria comunità in nome dei diritti umani. Ciò che non vale per lui, deve valere per i governanti di Malta e dell’Italia.
L’atteggiamento e il comportamento altruistico sono connaturati all’essere umano. Chiunque di noi, se vede una persona in difficoltà, prova uno stimolo interiore ad aiutarla. La solidarietà nei confronti di un nostro simile è frenata dall’istinto di conservazione individuale e comunitario. Se l’aiuto a una persona in difficoltà causa problemi a noi stessi o alla comunità di cui siamo responsabili, la solidarietà cessa e prevale lo spirito di conservazione. Aiutiamo volentieri una persona indigente, ma evitiamo di danneggiare noi stessi e la nostra famiglia. Il capitano della nave ONG si trova in una posizione ideale. Riceve fondi da associazioni benefiche e compie azioni umanitarie salvaguardando se stesso e la comunità di cui è responsabile. Diversa è la posizione dei governanti di Malta e dell’Italia. L’accoglienza dei migranti, infatti, danneggia la comunità di cui sono responsabili.
Vien da chiedersi: perché i governanti di Italia e Malta agiscono contro la comunità che dovrebbero tutelare e accolgono masse di disperati che creano problemi sociali? La risposta è semplice. Le Costituzioni di questi due Stati mettono a fondamento delle Istituzioni i diritti umani dei singoli. I rappresentanti di questi Stati sono costretti dai dettami costituzionali ad agire contro la propria comunità per garantire questi diritti.