Fino al secondo dopoguerra il lavoro era funzionale alla comunità e al suo benessere. Per il progresso materiale della Nazione era necessario costruire porti, aeroporti, strade, autostrade, ecc.. Il cittadino, quindi, col suo lavoro concorreva al bene della comunità nazionale.
Con la nuova carta costituzionale a fondamento delle Istituzioni repubblicane sono stati posti i diritti umani. Anche il lavoro è considerato un diritto dei cittadini. La Costituzione stabilisce che è dovere delle istituzioni garantire a ogni cittadino questo diritto. Ricordiamo, a tal proposito tre articoli:
- l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro … (articolo 1 dei Principi Fondamentali);
- la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto… (articolo 4 dei Principi Fondamentali);
- gli inabili e i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale …(articolo 38 dei rapporti economici).
- la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società (articolo 4 dei Principi fondamentali).
In virtù di questi articoli, lo Stato riconosce il diritto al lavoro e si impegna affinché ciascuno, sulla base delle sue attitudini e competenze, possa avere un lavoro. Il lavoro è, in tal modo, sganciato dai bisogni della comunità e agganciato alle attitudini e competenze dei singoli. Infatti, il dovere di svolgere una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società è subordinato alle proprie possibilità e alla propria scelta.
Nella contrapposizione tra diritti del singolo ed esigenze della comunità, la Costituzione pone le istituzioni a servizio dei singoli, contro l’interesse generale. Diviene fondamentale che ciascuno possa avere un lavoro attinente alle sue capacità rispetto ai lavori funzionali alla comunità. Questo presupposto ideologico fa aumentare i lavori socialmente inutili e diminuire quelli utili alla comunità.
A titolo d’esempio soffermiamoci su due istituzioni nazionali: la scuola e i penitenziari. Fino al 1990 la scuola elementare era organizzata con il maestro unico. Un singolo docente diplomato accompagnava nel percorso formativo i bambini del ciclo quinquennale elementare. Questa impostazione funzionava benissimo. Nella società, però, vi era una forte spinta a dare lavoro a centinaia di migliaia di giovani neolaureate. Si è deciso, così di riformare la scuola elementare, introducendo più docenti in ogni singola classe. Questa riforma non è stata realizzata per il bene della comunità nazionale, ma per garantire il diritto al lavoro a queste giovani neolaureate. I risultati per la comunità sono stati dannosi. La scuola elementare funziona peggio di prima e lo Stato deve pagare molti più docenti.
Per quanto concerne i penitenziari, è risaputo che essi sono pochi rispetto al numero sempre crescente dei detenuti. Poche sono anche le guardie. Si afferma che lo Stato non ha le risorse finanziarie per costruire nuovi istituti di pena e assumere secondini. Da un lato si assumono centinaia di migliaia di docenti per funzioni inutili alla comunità e, nel frattempo, si afferma che non si possono per risolvere problemi che si trascinano da decenni per carenze finanziarie.
Un altro esempio di lavori socialmente inutili si può osservare negli istituti psichiatrici. Per dare lavoro a giovani laureati in psicologia è stata introdotta in questi istituti la figura dell’assistente sociale. Si arriva all’assurdo per cui mancano psichiatri e infermieri che si occupano dell’assistenza ai malati di mente mentre abbondano gli assistenti sociali.
Un’altra conseguenza dei principi costituzionali che garantiscono il diritto al lavoro è l’incremento continuo del personale degli enti pubblici, senza che ve ne sia l’esigenza. È affidato a due dipendenti il lavoro che può essere svolto da una singola persona. Si arriva alla situazione paradossale che un comune utilizza le proprie risorse finanziarie per mantenere posti di lavoro inutili e non ha i soldi per lavori necessari alla comunità stessa. Mancano le risorse finanziarie per installare depuratori, per costruire muri di sostegno in aree soggette a frane, ecc.
L’articolo 38 dei Rapporti Economici recita: … i lavoratori hanno diritto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso d’infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Tenendo anche conto di quest’articolo della Costituzione sono state promulgate leggi che sanciscono il diritto di un lavoratore a mantenere il posto, anche se non riesce per malattia, infortunio, invalidità a svolgere le mansioni per cui è stato assunto. Per esempio, un autista di autobus di una compartecipata, se accusa problemi psichici o fisici che gli impediscono di svolgere il proprio lavoro, ha diritto a essere utilizzato con un’altra mansione. Questo diritto ha creato la categoria degli “imboscati”. Tutti i dipendenti pubblici con mansioni in parte gravose, cercano qualsiasi mezzo legale per essere impegnati in lavori d’ufficio. Questo diritto porta a situazioni paradossali. In alcune aziende trasporti compartecipate, le persone che lavorano in ufficio sono molti di più degli autisti. In alcuni comuni, nonostante vi siano numerose persone assunte come operai, il comune non ha uomini a disposizione per sturare tombini e sistemare muri e strade. L’ente pubblico fornisce alla comunità servizi insufficienti poiché è costretto dalla nostra Costituzione e dalle leggi che da essa discendono a garantire i diritti dei singoli.
Occorre subordinare il lavoro negli enti pubblici alla “funzione nobile”, cioè al progresso materiale e spirituale della Nazione. Esso va svincolato dalle esigenze del singolo avente diritto. Ogni ente deve assumere soltanto il personale che gli consente di realizzare i servizi richiesti dai cittadini. Se un operaio non riesce a svolgere il servizio per cui è stato assunto, può essere utilizzato per un’altra mansione, ma con decurtazione dello stipendio. Solo così si porrà freno al fenomeno degli “imboscati”.