Magistratura Democratica

Nella stesura della carta costituzionale vale il principio dell’equilibrio e il principio dell’armonia, cioè della non conflittualità. Questi due principi devono essere garantiti nelle interazioni tra i tre poteri costituzionali: potere legislativo, potere esecutivo e potere giudiziario.  Nella stesura dell’Ordinamento della Repubblica, i padri costituzionalisti si occupano proprio di questi tre poteri e cercano di bilanciarli affinché uno non prevalga sull’altro e affinché non si generino conflitti. Nella stesura della Carta costituzionale, però, entrano in gioco altre due componenti: il bene della Nazione e i diritti dei cittadini. E’ importante che anche tra queste due componenti vi sia equilibrio e armonia (mancanza di conflittualità). L’armonia è garantita assegnando alle due componenti funzioni diverse. L’equilibrio si ottiene ponendo il giusto valore all’una e all’altra. Le due diverse funzioni si legano alle azioni dei tre poteri. Il potere legislativo promulga le leggi; il potere esecutivo applica le leggi; il potere giudiziario punisce chi non rispetta le leggi. Queste tre azioni devono avere uno stesso obiettivo (prima funzione) e dei limiti alla loro applicazione (seconda funzione). L’obiettivo delle tre azioni è il bene della Nazione. Il limite alle tre azioni sono i diritti dei cittadini. I tre poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario, nel loro agire, devono sempre prefiggersi il bene della Nazione. Per realizzare quest’obiettivo non devono andare oltre i limiti della garanzia dei diritti dei cittadini. L’obiettivo è ciò che devono realizzare; i limiti sono ciò che non possono violare.

Ogni potere ha relazioni intrinseche ed estrinseche. Il potere legislativo, per esempio, ha relazioni estrinseche col potere giudiziario e col potere esecutivo. Queste relazioni sono soggette al principio di equilibrio e di armonia. Le relazioni intrinseche del potere legislativo concernono il bene della Nazione (obiettivo) e i diritti dei cittadini (limite). Lo stesso possiamo affermare per quanto concerne il potere esecutivo e giudiziario. Limiti (diritti dei cittadini) e obiettivo (bene della Nazione) garantiscono l’equilibrio e l’armonia intrinseca di ciascun potere. L’equilibrio e l’armonia dei tre poteri della Nazione concernono, quindi, sia le relazioni intrinseche sia le relazioni estrinseche.

I diritti naturali, considerati come limite alle tre azioni, sono già in possesso dei cittadini. I tre poteri non possono togliere, nel loro agire, quei diritti naturali che tutti i cittadini già possiedono: la libertà di espressione, la libertà individuale, la libertà di stampa, la libertà di radunarsi pacificamente, ecc..

I padri costituenti della Repubblica Italiana, quando hanno redatto l’ordinamento dello Stato, hanno ampliato il concetto di diritto naturale, aggiungendo una seconda categoria di diritti. Si tratta dei diritti non in possesso degli individui. I diritti, già in possesso dei cittadini, non possono essere tolti e costituiscono un limite all’azione dei tre poteri; i diritti, non in possesso, devono essere riconosciuti e garantiti dalla Nazione. Questa seconda categoria di diritti è diventata obiettivo della Costituzione Repubblicana.  Abbiamo chiamato “diritti obiettivo” i diritti non in possesso e “diritti limite” i diritti già in possesso. A chiunque, italiano o straniero devono essere garantiti i “diritti obiettivo”.

I nostri padri costituenti sono stati attenti ai due principi dell’equilibrio e dell’armonia tra i tre poteri dello Stato: legislativo, esecutivo e giudiziario (relazioni estrinseche). Analoga attenzione non hanno messo all’interazione tra le altre due componenti, cioè il bene della Nazione e i diritti naturali. Aggiungendo una nuova categoria di diritti, hanno generato conflittualità. Essi, infatti, hanno posto come obiettivi sia i “diritti obiettivo” sia il bene della Nazione. E’ evidente che se il legislatore promulga una legge per riconoscere e garantire un diritto, può, nel frattempo, andare contro il bene della Nazione. Analogamente, se promulga una legge per il bene della Nazione, può ledere un diritto obiettivo. Siamo alla presenza di conflitti intrinseci a ciascun potere della Nazione.

Questi conflitti intrinseci sono di natura ideologica poiché sono supportati da due ideali: 1) il bene della Comunità; 2) i diritti individuali. Nella figura 1) sono illustrati i conflitti ideali intrinseci a ciascun potere dello Stato: legislativo, esecutivo e giudiziario.

Soffermiamoci sul potere giudiziario. I magistrati sono i massimi rappresentanti del potere giudiziario. Ciascun magistrato agisce attenendosi ai principi costituzionali che sono in conflitto. Ognuno di essi può abbracciare un ideale costituzionale e utilizzarlo come riferimento per la sua funzione, cioè per il suo ruolo. Possiamo avere due tipologie di magistrati ideologizzati, secondo l’ideale assunto come riferimento.  I magistrati che abbracciano l’ideale dei diritti umani agiscono, quasi esclusivamente, per riconoscere/garantire i diritti umani. I magistrati, che hanno come riferimento il bene della Comunità, agiscono, quasi esclusivamente, per tutelare la Comunità Italiana. Ciascun magistrato ideologizzato, cioè che ha abbracciato uno dei due ideali, troverà sempre norme giuridiche che gli consentono di agire seguendo il suo ideale.

Nella figure 2) e 3) sono illustrati le due tipologie di magistrati ideologizzati.

La contrapposizione d’ideali di riferimento ha causato una contrapposizione in ambito giudiziario. I magistrati, che hanno assunto come ideale di riferimento il riconoscimento/garanzia dei diritti umani, si sono organizzati in una “corrente”, denominata “Magistratura Democratica”.

I rappresentanti di “Magistratura Democratica”, nell’espletamento delle proprie funzioni, hanno come riferimento costante, il riconoscimento/garanzia dei diritti umani. Essi non considerano le conseguenze negative dei loro atti giuridici per la Comunità Italiana. A loro non interessa il bene della Comunità Nazionale. Ciò che conta è, sempre e comunque, il riconoscimento/garanzia dei diritti umani.

A conferma dell’agire ideologico di questi giudici ricordiamo due episodi indicativi. Carola Rackete, capitana della nave Sea Watch 3, il 26 giugno 2019, ha forzato il blocco navale conseguente al decreto sicurezza-bis ed è entrata in acque territoriali italiane vicino a Lampedusa. La Cassazione ha dichiarato, in seguito, illegittimo l’arresto di Carola. I giudici sono stati chiari: correttamente in base alle disposizioni sul “salvataggio in mare”, la comandante della nave è entrata nel porto di Lampedusa perché “l’obbligo di prestare soccorso non si esaurisce nell’atto di sottrarre i naufraghi al pericolo di perdersi in mare, ma comporta l’obbligo accessorio e conseguente di sbarcarli in un luogo sicuro”. “Non può essere qualificato ‘luogo sicuro’, per evidente mancanza di tale presupposto, una nave in mare che, oltre ad essere in balia degli eventi meteorologici avversi, non consente il rispetto dei diritti fondamentali delle persone soccorse”, come quello di fare “domanda per la protezione internazionale”. I giudici ricordano, inoltre, che “la nozione di luogo sicuro non può essere limitata alla sola protezione fisica delle persone ma comprende necessariamente il rispetto dei loro diritti fondamentali”.

Si noti come la decisione dei giudici avvenga avendo come riferimento esclusivo i diritti umani. Le leggi che impediscono a navi straniere di entrare forzatamente in Italia non sono prese in considerazione.

Il 16 agosto 2018, nel pieno dell’estate, la nave Ubaldo Diciotti della guardia costiera italiana ha soccorso 190 persone nelle acque internazionali al largo dell’isola di Malta. Quando la nave è giunta a Catania, il ministro degli Interni Salvini ha trattenuto a bordo i migranti dal 20 al 26 Agosto. In tale frangente ha concordato la loro ripartizione con gli altri stati europei. A causa di ciò, il ministro è stato accusato del reato di “sequestro di persona aggravato”.  A fine ottobre la procura di Catania, guidata da Carmelo Zuccaro, ha chiesto al tribunale dei ministri di archiviare il procedimento nei confronti del ministro dell’interno. Per Zuccaro il ritardo nello sbarco dei migranti della Diciotti è “giustificato dalla scelta politica, non sindacabile dal giudice penale per la separazione dei poteri, di chiedere in sede europea la distribuzione dei migranti (e il 24 agosto si è riunita la Commissione europea) in un caso in cui secondo la convenzione Sar sarebbe toccato a Malta indicare il porto sicuro”. Il tribunale dei ministri, però, non ha accettato la richiesta di archiviazione. Per il tribunale dei ministri c’è stata “la precisa volontà del ministero dell’interno” di privare della libertà personale le persone a bordo della Diciotti.

Si noti come Zuccaro per la sua decisione fa riferimento alla convenzione Sar, ad accordi politici nella Commissione europea e alla separazione dei poteri. Invece il tribunale dei ministri di Catania fa riferimento esclusivo al diritto alla libertà della persona umana. Salvini ha leso questo diritto inalienabile e va processato e condannato. Il tribunale dei ministri di Catania ha deciso su base ideologica.

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