L’articolo 1 della Costituzione Repubblicana recita: … La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Le forme concernono l’organizzazione dello Stato e le funzioni dei suoi rappresentanti (presidente della repubblica, primo ministro, singoli ministri, ecc.). Le forme sono esplicitate nella seconda parte della Costituzione; la prima parte si occupa dei limiti alla sovranità popolare.
La sovranità popolare vale non solo nella stesura delle leggi ma anche nella scrittura della carta costituzionale. I padri costituenti, quando stabiliscono le forme e i limiti della sovranità popolare, sono rappresentanti del popolo. Ciò che loro scrivono è espressione della volontà popolare.
I rappresentanti del popolo formano una gerarchia. All’apice stanno i padri costituenti, alla base semplici funzionari, quali, per esempio gli insegnanti, gli appuntati dei carabinieri, ecc. Immediatamente di sotto i padri Costituenti si collocano i futuri legislatori. Tra i padri costituenti e i futuri legislatori vi è una relazione superiore/subordinato.
In un precedente articolo abbiamo trattato le tre tipologie di relazione superiore/subordinato. Si tratta della relazione educativa, della relazione servo/padrone e della relazione fiduciaria. Quando i padri costituenti scrivono le norme costituzionali, realizzano una relazione superiore/subordinato con i futuri legislatori. Questa relazione è fiduciaria e coinvolge il solo sistema responsivo.
Soffermiamoci adesso sullo Statuto Albertino. Lo Statuto Albertino è stato la carta costituzionale del Regno d’Italia. Esso è rimasto in vigore fino alla caduta del Regno e l’avvento della Repubblica. Dopo la proclamazione della Repubblica, l’odierna Costituzione ha sostituito lo Statuto Albertino.
I padri costituenti dello Statuto Albertino, come rappresentanti del popolo e del re, si sono messi dal punto di vista dei desiderata di ambedue. Per fissare un obiettivo che facesse da guida alla stesura delle norme costituzionali, ne hanno scelto uno che anche il popolo e il re avrebbero condiviso. Nella premessa allo Statuto, prima ancora che fossero scritti gli articoli, si auspica l’avvenire glorioso della Nazione. L’avvenire glorioso della Nazione guida la stesura delle norme costituzionali, che stabiliscono forme e limiti della sovranità popolare e regale.
Fissato l’ordinamento monarchico, i padri costituenti dello Statuto Albertino hanno inserito un altro obiettivo che limita l’azione dei legislatori futuri, finalizzata all’avvenire glorioso della Nazione. Quest’obiettivo concerne i diritti dei cittadini: la libertà individuale, la libertà di stampa, l’inviolabilità del domicilio, l’inviolabilità della proprietà, il diritto ad adunarsi pacificamente. I futuri legislatori, quindi potevano legiferare liberamente, all’interno dell’ordinamento monarchico, rispettando il primo obiettivo fondamentale (l’avvenire glorioso della Nazione), limitato dal sotto obiettivo (i diritti dei cittadini).
I diritti dei cittadini costituiscono un limite, cioè un recinto virtuale, all’interno del quale si scrivono le leggi funzionali all’avvenire glorioso della Nazione. Il limite dei diritti civili non può essere varcato. Possiamo immaginare l’avvenire glorioso della Nazione come un campo da coltivare e i diritti civili come un recinto che delimita il campo. Campo da coltivare e recinto sono uno spazio reale. Avvenire glorioso della Nazione e diritti civili sono uno spazio virtuale. In questo spazio non vi è conflitto. Le leggi, infatti, devono essere realizzate per l’avvenire glorioso della Nazione; non devono essere realizzate per garantire i diritti civili. Il campo da coltivare, cioè l’avvenire glorioso della Nazione, non comprende anche il recinto, cioè i diritti civili. Nella figura1) è illustrata la relazione fiduciaria tra i padri costituenti dello Statuto Albertino e i futuri legislatori.

La garanzia dei diritti dei cittadini è un limite alle leggi realizzate per il bene della comunità nazionale. Tra i due obiettivi stabiliti dallo Statuto Albertino vi è una relazione inversamente proporzionale. Maggiori sono i diritti garantiti, più stretto è il recinto e meno leggi si possono realizzare nell’interesse generale. E’ importante che sia mantenuto un giusto equilibrio tra tutela dei diritti del singolo e tutela della comunità. Questo equilibrio è stabilito dai padri costituenti e da esso discende l’equilibrio delle leggi future. I futuri legislatori, infatti, non possono modificarlo.
Soffermiamoci adesso sulla Costituzione Repubblicana. Nella premessa non è scritto l’obiettivo che i padri costituenti si prefiggono nella stesura delle norme costituzionali. Quest’obiettivo andrebbe scritto perché i padri costituenti sono rappresentanti del popolo sovrano e il popolo dovrebbe condividere l’obiettivo di fondo. Risulta che i padri costituenti abbiano scritto le norme costituzionali per evitare future dittature. Da ciò si evince che non avevano fiducia nei confronti dei futuri legislatori e del popolo. Temevano che i futuri legislatori, lasciati liberi di legiferare, potessero instaurare una nuova dittatura, col consenso popolare. Essi hanno agito come se fossero sopra il popolo. Manca nella costituzione repubblicana l’obiettivo di fondo, guida dei padri costituenti, dei legislatori futuri e dei rappresentanti del popolo a ogni livello.
Questa è una grave carenza perché manca la risposta alla domanda: per quale obiettivo si scrive la costituzione, si promulgano le leggi e si governa? La stesura delle norme costituzionali persegue un obiettivo che non è scritto in alcuna parte. Quest’obiettivo è diverso dall’obiettivo di chi promulga le leggi e di chi governa. Vi è, quindi, una discontinuità negli obiettivi dei rappresentanti della sovranità popolare. Chi promulga le leggi e chi governa sono guidati da un obiettivo diverso rispetto a chi ha scritto le norme costituzionali.
Nella prima parte della costituzione è inserito un obiettivo di fondo cui devono attenersi i futuri legislatori. Si tratta del riconoscimento e della garanzia dei diritti umani. Secondo i nostri padri costituenti, quindi le leggi vanno fatte per riconoscere e garantire i diritti umani. I diritti civili, che nello Statuto Albertino erano un limite alle leggi scritte per l’avvenire glorioso della Nazione, diventano l’obiettivo di fondo per la stesura delle leggi. Mentre nello Statuto Albertino i diritti civili concernevano i cittadini, nella carta costituzionale concernono italiani e gli stranieri.
Nella carta costituzionale non c’è scritto che le leggi devono perseguire come obiettivo di fondo l’interesse generale, cioè il bene della comunità nazionale. Possiamo supporre che i padri costituenti l’abbiano dato per scontato. Se è così, i padri costituenti della Repubblica, oltre a stabilire l’ordinamento delle istituzioni repubblicane, hanno fissato due obiettivi di fondo ai futuri legislatori per la stesura delle leggi: il bene della comunità nazionale e il riconoscimento e la garanzia dei diritti civili di italiani e stranieri. Questi due obiettivi creano conflitti. Le leggi redatte per la garanzia e il riconoscimento dei diritti umani spesso generano un danno alla comunità nazionale e le leggi redatte per il bene della comunità nazionale spesso vanno contro i diritti umani dei singoli.
Nella figura 2) è rappresentata la relazione tra i padri costituenti della Repubblica Italiana e i futuri legislatori
