Nei precedenti scritti ci siamo soffermati sui due sistemi, costrittivo e responsivo che fungono da guida ai cittadini nei loro comportamenti. Il sistema costrittivo tutela la comunità ed è uguale per tutti. Si tratta delle leggi e dei regolamenti che ogni cittadino è obbligato a rispettare. Il sistema responsivo è, invece, individuale. Si tratta delle regole morali, delle conoscenze, delle consapevolezze, delle emozioni che differenziano un individuo dall’altro.
Due individui possono interagire con i loro sistemi responsivi oppure col sistema costrittivo che hanno in comune. Nel primo caso parliamo d’interazione responsiva; nel secondo caso parliamo d’interazione costrittiva.
L’interazione medico/paziente è responsiva. E’ fondata, infatti, sul sistema responsivo del medico e del paziente. Il paziente ha stima e fiducia nel medico e lo rispetta. A sua volta il medico rispetta il paziente e agisce esclusivamente per il suo bene, come vuole la sua deontologia professionale.
Immaginiamo di essere un medico di fronte a un proprio paziente affetto da una grave malattia. Prescriviamo una terapia salvavita, ma il nostro paziente la rifiuta. Egli è convinto che questi farmaci facciano più male che bene e preferisce una cura omeopatica consigliatagli da un conoscente. Supponiamo che una legge dello stato ci consente di costringere il paziente ad accettare questa cura. Se vogliamo, possiamo chiamare due infermieri che terranno fermo il paziente mentre noi gli inoculiamo il farmaco. Siamo di fronte a un dilemma. Per chiarire i due “corni”, del dilemma dobbiamo soffermarci sull’interazione medico/paziente.
Se il medico costringe il paziente alla cura, gli salva la sua vita ma modifica l’interazione che non sarà più responsiva ma costrittiva. Il medico agendo contro la propria deontologia professionale, perde la stima e la fiducia che il paziente ripone nei suoi confronti.
Se analizziamo il dilemma dal punto di vista sanitario, riteniamo corretto che il medico costringa il paziente alla cura. Da questo punto di vista, infatti, il medico agisce al meglio delle sue possibilità. Così facendo salva la vita del paziente. Se analizziamo il dilemma dal punto di vista dell’interazione medico/paziente, fondata sul sistema responsivo, riteniamo corretto che il medico faccia prendere la decisione finale al proprio paziente. Così facendo agisce secondo la propria deontologia e salvaguarda il rapporto con il paziente.
Nessun medico, anche se la legge glielo consentisse, costringerà alla cura i propri pazienti (esclusi gravi problemi psichiatrici). Per i medici il rapporto con i propri pazienti, fondato sulla stima, la fiducia e il rispetto reciproco è troppo importante.
Fino al secondo dopoguerra l’interazione operatore sanitario/paziente in Italia, è stata esclusivamente responsiva. Con la riforma sanitaria e l’introduzione della carta dei diritti del malato, l’interazione operatore sanitario/paziente avviene sia sul binario responsivo sia sul binario costrittivo. L’operatore sanitario è costretto dalla legge a seguire determinate procedure burocratiche funzionali a tutelare i diritti del paziente. Ai medici, per esempio, rimane poco tempo per visitare il paziente e capire di cosa soffre. Prima della visita, deve preparare scartoffie da far firmare.
L’aspetto più grave della riforma sanitaria è la modifica dell’interazione responsiva. Prima della riforma sanitaria gli operatori sanitari avevano nell’interazione con i pazienti un atteggiamento altruistico. Percepivano il paziente come una persona che soffre e va aiutata. Sentivano la loro professione come una missione che allevia il dolore dell’essere umano. Con l’introduzione della Carta europea dei diritti del malato, si consente ai pazienti di denunciare gli operatori sanitari. La denuncia degli operatori sanitari è diventata una prassi diffusa su tutto il territorio nazionale ed europeo. Addirittura vi sono in Italia e in Europa studi professionali di avvocati che prosperano sulle denunce nel settore sanitario.
Questa prassi diffusa ha modificato l’atteggiamento degli operatori sanitari, che non è più altruistico ma egoistico. Essi, infatti, percepiscono il paziente come una minaccia. Il paziente, trasformato da persona sofferente in persona minacciosa, modifica l’obiettivo di fondo cui mira l’operatore sanitario. Egli non agisce più al fine di curare il paziente ma per difendersi da questa minaccia incombente. Gli operatori sanitari attuano meccanismi di difesa contro il paziente/minaccia.
Il sistema giudiziario con la sua farraginosità, con i suoi pregiudizi a favore dei deboli, coi suoi artigli dilania chiunque, colpevole o innocente, finisca nelle sue grinfie. Per rovinare alcuni anni di vita a un operatore sanitario basta una semplice denuncia.
I diritti dei malati si tutelano con un eccellente percorso formativo dei futuri operatori sanitari. Le scuole di formazione devono essere molto selettive. Chi sceglie di diventare medico o infermiere deve studiare, comprendere e fare molta pratica. I malati si tutelano a monte (nel percorso formativo) non a valle (dopo l’abilitazione alla professione).
Con le denunce non si migliora la prestazione degli operatori sanitari. Al contrario si peggiora. Essi, infatti, non sono sereni nel loro agire e pensano più a evitare eventuali denunce, piuttosto che curare i pazienti. Questi ultimi devono essere percepiti dai medici come persone sofferenti non come minaccia incombente.
Il sistema costrittivo si deve limitare alla tutela della comunità, non dei diritti del singolo. Questi ultimi si tutelano attraverso l’istruzione, la presa di coscienza, la consapevolezza, ecc..